Stando ai dati diffusi da Istat il 25 giugno scorso, nel 2017 l’economia del Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio) è cresciuta dello 0,9%, la metà di quanto ha totalizzato il Nord e meno anche del Mezzogiorno (1,4%). Non è la prima volta che l’area centrale mostra un andamento più deludente di quello delle altre, tuttavia dal 1995 ad oggi si è sempre trattato di episodi estemporanei. Con il 2017, invece, per il terzo anno consecutivo è il Centro a registrare la più modesta crescita del PIL tra le 4 macro-aree italiane.
Nell’industria gli strascichi della crisi si fanno ancora sentire, per lo meno in alcune aree. In Umbria, ad esempio, il valore aggiunto del settore ha perso più del 30% rispetto ai livelli di 10 anni fa (-12% in Italia), mentre la Toscana, pur in ripresa, continua ad evidenziare le maggiori difficoltà nelle aree di crisi industriale della costa settentrionale. Il settore delle costruzioni, come nel resto d’Italia, fatica a recuperare, ma la crisi ha colpito soprattutto le Marche, che in 10 anni hanno visto dimezzarsi il valore aggiunto del comparto. Risultati eterogenei si registrano nel terziario: se i livelli pre crisi sono stati recuperati, nell’ultimo triennio il Centro ha visto un andamento più debole nelle attività legate a commercio, trasporti e turismo, ma si è allineato alla media nazionale negli altri servizi.
E le componenti della domanda? Nel 2015-2017 hanno tenuto i consumi, le esportazioni sono cresciute meno che in Italia (ma in linea con il Nord Ovest), mentre l’aumento degli investimenti è stato più modesto di quello delle altre macro-aree. La dinamica non eccezionale dell’export colloca comunque il Centro nella fase di ripresa, ma segnala anche la difficoltà, specialmente per le piccole imprese, di collocarsi (o ricollocarsi) sui mercati internazionali. Di conseguenza gli investimenti avrebbero potuto ricevere uno stimolo maggiore dalla domanda estera e non stupisce che siano cresciuti maggiormente al Nord, più industrializzato ed internazionalizzato; stupisce, semmai, che anche il Mezzogiorno abbia fatto meglio del Centro. A questo proposito, tuttavia, un Sud più dinamico sul fronte degli investimenti non può che essere una bella notizia che va nella direzione di colmare i gap, in primis infrastrutturali, che lo separano dal resto d’Italia.
Un quadro in chiaroscuro per il Centro, dunque, ma nel complesso non eccessivamente allarmante anche perché le criticità di cui si è detto appaiono piuttosto circoscritte e, talvolta, legate a fattori di natura congiunturale (si pensi, ad esempio, al ruolo che l’impatto del sisma può aver avuto sulle performance turistiche di Marche e Umbria e, più in generale, sulle piccole imprese dipendenti dalla domanda locale ). L’economia dell’area proseguirà il suo cammino di ripresa nei prossimi anni, senza mostrare la vitalità del Nord, ma collocandosi su un ritmo di crescita allineato a quello del Mezzogiorno o di poco superiore.