Asset immateriali, una risposta alle sfide del manifatturiero

Asset immateriali, una risposta alle sfide del manifatturiero

5 novembre 2018

Cristina Rossi

Per il prossimo biennio si prospetta una decelerazione della crescita mondiale, in un contesto di rischi crescenti. La capacità delle imprese di continuare a investire sulle componenti immateriali più innovative condizionerà la risposta alle elevate sfide competitive dello scenario

 

Dopo il picco del 2018 (quando stimiamo un aumento del 3.8% per il Pil mondiale, a prezzi costanti), la crescita economica internazionale proseguirà a un passo più moderato nel 2019-’20. Come in pochi altri casi in passato, questo quadro appare, inoltre, costellato da una pluralità di rischi, ciascuno potenzialmente foriero di aprire la strada ad altrettanti scenari alternativi. Dalla forte incertezza sul futuro andamento del commercio mondiale, generata dalla guerra a colpi di dazi tra Stati Uniti e Cina, all’eventualità di un “hard landing” cinese, all’aumentato rischio di frammentazione dell’area Euro e, non ultimo, di un mancato accordo nei negoziati per Brexit. 

Nei prossimi anni le imprese manifatturiere italiane dovranno quindi confrontarsi con uno scenario complesso, contraddistinto da sfide competitive crescenti e sempre più difficili da vincere. La maggiore solidità del tessuto produttivo - conquistata in seguito al processo di profonda trasformazione e rinnovamento innescato dopo la crisi - e l’ipotesi che l’impatto dei fattori di rischio citati si manifesterà principalmente attraverso un inasprimento del clima di incertezza, portano a prospettare per il prossimo biennio una decelerazione dell’attività manifatturiera in Italia, ma non un suo arretramento: il fatturato per il complesso dell’industria è previsto in espansione  a un tasso dell’1.6% medio annuo, a prezzi costanti, nel 2019-’20 (cfr. Analisi dei settori industriali, Prometeia-Intesa Sanpaolo, ottobre 2018).

È però certo che il raggiungimento di questi risultati in un contesto tanto sfidante non potrà prescindere dalla capacità delle imprese di continuare a investire in innovazione, coniugando gli aspetti tecnologici con quelli di natura organizzativa e con la valorizzazione del capitale umano, sulla spinta anche delle opportunità offerte dalla trasformazione digitale in atto e dalla crescente consapevolezza dell’importanza di fattori quali la sostenibilità dei processi e la salvaguardia dell’ambiente.Dovrà pertanto rimanere alta la propensione delle imprese italiane a investire, oltre che nelle componenti materiali, anche in quelle immateriali più innovative . Confermando quanto osservato nel corso degli ultimi dieci anni quando, nonostante il permanere di un gap nei confronti dei principali paesi europei, gli investimenti in asset immateriali in Italia hanno registrato un’evoluzione migliore rispetto agli investimenti totali (+23% contro -12% nel periodo 2008-’17, secondo i dati di Contabilità Nazionale), offrendo un contributo positivo alle performance.

 
Asset immateriali, una risposta alle sfide del manifatturiero
 

Un’analisi condotta a partire dai bilanci di un ampio campione di imprese manifatturiere (circa 22 mila aziende), sul periodo 2010-2017, conferma l’importanza degli asset immateriali nell’industria, in particolare nelle componenti che più incorporano un contenuto di innovazione e know-how (costi di sviluppo, diritti di brevetto e opere dell’ingegno, concessioni, licenze e marchi), sebbene con alcune differenze a livello settoriale.

Nella media del manifatturiero, il peso di queste componenti sulle immobilizzazioni tecniche nette è stimato pari al 6.5% nel 2017. Valori significativamente più elevati si riscontrano nei settori con produzioni più differenziate e dove la componente tecnologica è più rilevante o in quelli che più di altri negli ultimi anni hanno puntato su fattori immateriali per sostenere la competizione: segnaliamo tra gli altri, gli Elettrodomestici (14.2%, in crescita soprattutto costi di sviluppo e marchi), il Sistema moda (11.8%, dominante la componente concessioni, licenze e marchi, ma in aumento anche i brevetti,  soprattutto nelle fasi più a monte della filiera), la Farmaceutica (11.6%, soprattutto brevetti) e gli Autoveicoli e moto (10.2%, in forte aumento la componente di sviluppo, data la crescente importanza del fattore tecnologico nel prodotto e i recenti investimenti volti alla transizione a motorizzazioni ibride ed elettriche). Tra i settori che negli ultimi anni più di altri hanno intensificato gli investimenti in asset immateriali a contenuto innovativo troviamo anche la Meccanica (7.8% il peso delle immobilizzazioni in innovazione e know-how sulle immobilizzazioni tecniche nette nel 2017, in aumento grazie anche al sostegno degli incentivi), l’Elettrotecnica (9.6%) e l’Elettronica (8.9%).

Per contro, gli asset immateriali rivestono un ruolo decisamente meno rilevante nei settori dei beni intermedi (Intermedi chimici, Metallurgia, Prodotti in metallo, Prodotti e materiali da costruzione), mediamente caratterizzati da produzioni più standardizzate.

A livello generale, sono però soprattutto le grandi imprese a dedicare una quota maggiore di risorse agli asset immateriali, evidenziando – rispetto alle altre classi dimensionali – una crescita molto più sostenuta delle Immobilizzazioni in sviluppo e, secondariamente, delle Immobilizzazioni in diritti di brevetto.

Affinché gli investimenti in asset immateriali si confermino una leva strategica rilevante per rispondere alle sfide competitive dei prossimi anni, sarà però determinante che i comportamenti virtuosi delle grandi imprese si diffondano con maggiore decisone anche tra le piccole e medie imprese della manifattura italiana.

 
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