L’aggiornamento dell’indice di complessità economica con i dati di commercio internazionale al 2018 conferma, rispetto all’anno precedente, la crescente competitività del continente asiatico.
Abbandonata da tempo l’etichetta di centro di produzione low cost, ora la sua scalata ai vertici dell’elite industriale inizia a trovare conferme anche in indicatori diversi dalle tradizionali quote di mercato e, soprattutto, a delineare con maggior forza un futuro in cui innovazione, istruzione e ricchezza continueranno a spostare il loro baricentro verso Est.
Dietro all’exploit di Singapore, capace di guadagnare la leadership mondiale con un doppio balzo ai danni di Giappone e Svizzera, Corea e Taiwan si collocano nelle prime 10 posizioni, Hong Kong e Malesia nelle prime 20; nel complesso gli 11 Paesi asiatici considerati sono stati in grado di guadagnare 12 posizioni, mentre nel frattempo i paesi dell’Europa occidentale (17) ne perdevano 4 e quelli della parte orientale del continente (14, incluse Russia e Turchia) 5.
In questo quadro, l’Italia conferma la propria non esaltante 24esima posizione, risultando il 14esimo paese in Europa occidentale, preceduta anche da Repubblica Ceca e Slovenia, capifila del blocco orientale. Un risultato che sottolinea le difficoltà per il nostro Paese a competere su una gamma di specializzazioni molto ampia (con 1683 prodotti, la seconda economia dietro alla Cina) ed eterogenea, con una media di oltre 600 specializzazioni a bassa complessità in comune con le aggressive economie di Cina, Spagna e Turchia e quasi 700 prodotti a complessità medio elevata in comune con la Germania (quinto paese nel ranking complessivo dell’Indice di Complessità Economica).